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IL PAESE DELL’ALCOL – Mo Yan

413DB4tzN3LLo scrittore cinese e premio Nobel Mo Yan deve essere proprio una persona noiosa. Forse anche un po’ pauroso e ansioso. Non sembrerebbe un tipo molto cordiale. Io non lo conosco di persona, ma è lui stesso a definirsi così. O almeno queste sono le sensazioni che suscitano le sue parole e i suoi dialoghi nelle lettere che scambia col giovane Li Yiduospecializzando in miscelazione di liquori all’Università della Distillazione, suo ammiratore e discepolo, nel romanzo “Il paese dell’alcol”; edito, come tutti i suoi libri, da Einaudi. Probabilmente non sarà così: è tutto così esageratamente sporco e crudele: serviva un antagonista pudico e monotono e insicuro. In un luogo così perverso e infame, c’era bisogno di un corpo che esprimesse emozioni umane. Ed è quello il ruolo dello scrittore. Io ho letto diversi libri di Mo Yan e ogni sua opera è un concentrato d’immagini crude e psicologicamente destabilizzanti. Questo vale anche per il romanzo che vi sto descrivendoCannibalismo, traffico di bambini, alcol e nani assassini. Sono tutti elementi che si trovano dentro al libro. E fanno paura per la naturalità delle descrizioni, per la facilità di scambiare un piatto succulento a forma di bambino per un bambino – con molta probabilità che quello sia davvero un bambino brasato e coperto di spezie. Ma così è un casino. Cercherò, in breve e con linearitàdi dire quello che c’è da sapere. Cominciamo col protagonista: l’ispettore Ding Gou’erdella Procura Suprema, viene mandato ad indagare i capi del comitato di partito della miniera di Jiuguo, colpevoli di atti di cannibalismo verso bambini e bambine. Questa è la trama centrale. Intorno ad essa si muovono personaggi ambigui e perversi, diversi in statura e grado civile ma incatenati uno all’altro dalla sicurezza che i loro atti rimarranno per sempre impuniti. Tre sono i principali rami che si diramano dal centro della storia – e che ad essa tornano come sangue nelle vene. La prima riguarda il giovane Yiduo. Nelle prime lettere lo conosciamo come ammiratore dell’autore. Confessa di amare la letteratura, di scrivere e di sentirsi uno dei più grandi scrittori della letteratura cinese contemporanea. Ad ogni lettera allega un racconto. Questi testi narrano della sua vita personale e di quella di alcuni personaggi che vivono e dettano legge a JiuguoMo Yan inizialmente sembra infastidito dalle lodi che riceve e dall’insistente richiesta di Yiduo di giudicare il suo lavoro. Ma lentamente la sua curiosità prende coraggio e comincia ad interessarsi a tutto ciò che accade a Jiuguo – finendo per andarci. Questo suo coinvolgimento nasce dopo il racconto “Bambini da macello”, dal quale prendiamo spunto per passare al secondo ramo, quello riguardante la tratta dei bambini e il cannibalismo. Come ci viene raccontato da quel racconto in poi, esiste a Jiuguo l’Accademia di cucina, dove viene cucinato uno dei piatti più buoni e pregiati del mondo: Il bambino dono dell’unicorno. I bambini vengono venduti dai genitori che li crescono, li curano appositamente per quello scopo. All’interno dell’Accademia esistono stanze create appositamente per mantenere in uno stato tranquillo e felice i bambini. Inoltre, la suocera di Yiduo è una delle più importanti professoresse, nonché cuoca, della scuola. A lei spetta la descrizione macabra di come eliminare tutto il sangue dal corpo di un bambino e i vari metodi per cucinarlo. L’ispettore Ding Gou’er, mandato lì per arrestare questi delinquenti, verrà raggirato, costretto a bere talmente tanto da vivere esperienze extra corporee, derubato, umiliato e costretto a mangiare – perché è un componente del Partito, non può uscire dal cerchio quando tutti sono dentro. Così arriviamo al terzo e ultimo ramo: il sistema. Tutto il libro è una denuncia verso ogni apparato del Partito ComunistaCi parla della corruzione dei funzionari. Ridicolizza i loro atteggiamenti. Ma soprattutto ci mostra come anche l’orrore può essere giustificato per quattro soldi, per fame, per tradizione. Un esempio di queste dinamiche lo troviamo nel nano Yu Yichi: un disgraziato che ha fatto fortuna con un bar nella famosa Via degli Asini, rinomata località piena di macelli e locali che offrono carne d’asino in tutti i modi immaginabili, testicoli e vulve comprese. Questo Yichi è la perfetta incarnazione del sistema: è diventato come gli altri: si crede il padrone del mondo, si vanta di aver scopato con tutte le donne del paese, di avere amici importanti e denaro, pretendendo qualsiasi cosa. Uccidendo, pur di avere qualsiasi cosa. Così obbliga Mo Yan a scrivere la sua biografia. E Mo Yan non può rifiutare – comunque ormai era diventato un personaggio troppo interessante, bisognava incontrarlo. Il libro si struttura in tre parti (quattrodividendo la corrispondenza tra lo scrittore e Yiduo): la storia dell’ispettore Ding Gou’er, le lettere e i racconti di YiduoPotremmo definirlo un romanzo in costruzione. Vediamo gli eventi svolgersi passo dopo passo. Non male. A volte, molte costruzioni narrative ricordano Kafka nel modo simbolico di strutturare la composizione degli eventi e delle immagini tra loro con tagli improvvisi, correlazioni e situazioni assurde spettacolari (che capolavoro è il racconto “Descrizione di una battaglia”?). Non male. Concludo con una domanda che mi ha seguito per tutta la lettura del libro, una battuta amara già antropologicamente spiegata, ma è Mo Yan a scriverlo: quindi era vero quando da piccolo mi dicevano che i comunisti mangiano i bambini?