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.BASTARDA GERUSALEMME.

1. (La confessione)

Solo se ne sta a zappare il suo
niente – che era sempre quel-
l’orto, che era quello di suo
nonno – e i bambini più in là:
la medesima cosa.

Comincio dalla ruggine – e
le carte sono dispiegate,
ma il tavolo è sgombro:
vedo quello che non vedono.

Ruggine:

correlazione di processi chimici-fisici:
degradazione parziale/totale d’una sostanza;
ossidazione – tra le mani e lo stomaco;
corrosione – tra la mente e il cielo.
Così è la ruggine.
Arriva ovunque come orda divoratrice,
non come tempesta.
Dilania la consapevolezza,
nella morte di ogni testimone,
rovina, distorce, incuba in sé
l’astrazione della vita e
inganna l’oppresso,
l’oggetto non finito,
la sinfonia delle cicale.

Ruggine.

Tra le mani e lo stomaco.
Tra la mente e il cielo.

Mi domando, allora:
vedo quello che non vedono?
La tv
con cosa m’intrattiene?

Chi governa gli uomini con giustizia,
chi governa con timore di Dio,
è come luce di un mattino,
quando sorge il sole,
mattino senza nubi,
che fa scintillare dopo la pioggia
i germogli della terra.1

Ascoltate per favore. Ascolta la mia confessione.

Io sono uno straniero,
spesso turista nei posti di mare.
Figlio di viaggiatori da parte di madre
e coltivatori sedentari – il padre.

Io sono uno straniero che viene dal Sud.
Nato tra i fichi secchi stesi al sole e
i campi d’arancio feudali.
Ccresciuto nei ribollii del Mediterraneo e
nelle recite dialettali.

Io sono diventato uno straniero.
Ho deposto il mio nome.
Ho annusato il sangue
e ho perso il naso.

Io sono diventato uno straniero senza naso
che scrive poesie, tuttavia l’assenza.
Che s’innamora –
fottendosene dei finti ciechi che
gravano sulle spalle dello Stato,
dei cuori delinquenti;
le caste, le cose d’altri tempi;
le maschere; le ghigliottine del silenzio.

(Io vi dico che, se questi tacceranno,
          grideranno le pietre2)

Io devo parlare e dire:

Io
colui che uccide e
colui che viene ucciso,
l’esodo,
l’esilio,
la barca che precipita,
il check-point,
la vertebra stonata,
la partoriente,
il colibrì sui
francobolli inesistenti,
Io.

Ascoltate vi prego. Ascoltatemi.

Così io vi parlo, poeta straniero:

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2. (Nietzsche)

Dio. Dio è morto. È morto a causa
della sua compassione, compassione per gli
uomini.

E gli uomini, gli uomini, sono vivi e
peccano e defecano contro la terra.
Ed è la cosa più tremenda –
dalle viscere impenetrabili e cristallo:
è la cosa più tremenda.

Dio. Dio è morto. Tradito.
Nell’odio cosparso in budella sparse
e Napalm e zagare sante.
Tradito.
Venduto nel nome di uno Stato.
Nell’embargo.
Nei tunnel.
Nei danni collaterali.
Dio è morto.

Adesso giunge il tramonto sul silenzio disperato,
lì, tra i sepolcri.
Sbocciano lanterne a benedire le tenebre.
Le urlano sfilano come esercito o telaio vergine.
Dicono: chi prega sotto questo sangue che
dal cielo fluisce, non ha più ragione
d’esistere: come per il puro tutto è puro,
come per il porco tutto è porco,
e la terra puzza, e così è la morte:
morte,
nient’altro che distruzione
e silenzio disperato,
lì,
nei sepolcri.

Chi prega sotto questo sangue che
allaga i check-point e gli ulivi violati,
sapeva che anche Dio aveva il suo
inferno: l’amore verso gli uomini.
E tutti coloro che sapevano hanno riso
mentre tutto andava a chiudersi.
(Sono arrivati gli alieni e le bombe: hanno
costruito il vuoto. Vuoto dopo vuoto.
C’è modo di corrompe la morte?)

Dio è morto. Ora siamo tutti senza peccato.
Ed è solo in nome di Dio che questo può accadere.

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3. (L’asino)

Chi ti portò a Betlemme,
infine a Gerusalemme.

Chi fugge da Betlemme,
infine da Gerusalemme –

una cosa è più necessaria
dell’altra.3

Come esprimere il mio rispetto,
cosa dire quando essendo tu
la mia casa che si muove,
tra i campi minati,
la delicatezza del miele sul seno,
l’addio forzato?

Amen!
Al nostro Dio lode e onore
e sapienza e forza, nei
secoli dei secoli,
Amen!4

Chi ti porta tra i mulini a vento riscopre
la sua eterna, frivola battaglia.
Chi ha succhiato dalle pene dell’invidia
ha potuto gioire dell’uomo carbonizzato
e del bimbo servile.
Chi ha fatto tutto questo
è stato benedetto dall’acqua,
anche senza sete.
Ed eccolo rientrare a casa, intatto.

Al di là del bene e del male
è il tuo regno. La tua innocenza
consiste nel non sapere cos’è
l’innocenza. Quale nascosta
saggezza sta nell’avere orecchie
lunghe e nel dire solo sì e
mai no! Non ha creato il mondo
a sua immagine e somiglianza,
cioè il più stupido possibile?5

Per quello che ne so, tra noi, dovremmo
ridurre al minimo numero denominatore
le distanze, giocare con le proposizioni
di,
da,
fra,
su,
per
mille anfratti di
inviolabile felicità
dovuta solo
per la consuetudine di
avere un cuore
che spinge alla follia –
dimagrisce la sostanza invulnerabile
che chiamiamo muro.

Così
in ogni cosa
il retaggio archetipico,
stagnante impone domande.

(Chi ha pronunciato parole che creano dirupi?
Sono colpi di pistola o baci imbranati e giovinezza?)

Così
ogni lampo ridefinisce l’atmosfera –
si scopre un mondo più ergonomico,
straziante,
sonoro.

Erro?

L’asino sempre
perenne
risponde ragliando:
<<I-A>>6.

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4. (Breve storia della disumanità – parte 1)

Facile contare numeri.
Coraggio, amore, ci vuole
a pronunciare

Massacro

La brutalità
non ha bisogno
di punteggiatura

Scaraventa

2.141 morti
due terzi civili
536 bambini

microgranuli
d’orrore

Scaraventa

10.244 feriti
mille minorenni
disabili
1800 orfani

e, amore, fa ridere
quanto mi si dilania la bocca,
il nome Margine Protettivo7
da cosa
da chi
dove
che non c’è più
cosa più
chi più
un dove
si sbaglia pure la denominazione

(Questa vacca maledetta
maledetta maledetta maledetta
non ci lascerà dormire8)

e la luna, amore, non
può costituirsi né costruirsi
un alibi: è costretta
a venire e a sentire
dire

Odiare gli arabi non
è razzismo
È avere valori9

Sentire i testimoni
raccontare

È stato chiesto
chi parla ebraico
e coloro che rispondevano
Sì
venivano sparati
e uccisi10

Nessuno
pronunci mai
Solo loro

È una filosofia del genocidio11

Ed è facile adesso
dire
niente replica
bugie
nello squilibrio totale
della miseria imposta,
coraggio – amore – ci vuole
per provarci
vivere
tirare a campare.

Come se.
Come mai.

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5. (Demoni)

È l’estremizzazione di un divampare.

Mi sento – straripare dal nervosismo.

Incombere. Dialettica in frantumi.

Ricrescere. Osservare le mosse,
poggiando i gomiti sull’asfalto. E

aspettare: il danno o il miracolo.

Nei campionari delle svendite;
uscire dalle prigioni dell’inquietudine;
brucare il prato perché ho fame.

Puntare alto. Seviziare la nostalgia.
Cronometrare i passi che conducono all’errore.
Concentrandomi.
Mistificando il terrorismo e
il gioire della morte.
Puntare alto. Scrivendo cazzate sul
muro.
Senza biasimare il gesto.
Collaborando col destino.
Mimetizzando l’amore
verso qualche cosa che non so più.

Un bambino arrostito.

Ho i demoni.

*

Adesso è finita. E alla fine,
non restiamo che
noi:

Stupiscili con un altro
clamoroso evento –
ricordagli chi siamo;
incarcera l’infedele –
ricordagli chi siamo;
disidrata la loro lingua –
ricordagli chi siamo.
Che mai più urlino.
Che mai siano
noi.

*

La terra, vacca troia, la terra,
una megattera incastonata
in mille punte d’ardesia e
cenere e
metallo osceno.

Bastonata sulle rive d’un mare celeste,
il firmamento specchiato
in mille punte di
polvere da sparo e
cenere e
metallo assordante,
osceno.

La megattera.

Andrà giù, e lì sì brillerà, al riparo d’ogni
sguardo violento.

Senza noi.

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6. (Breve storia della disumanità – parte 2, finale)

Con una sorta di ostinata negazione della realtà il primo ministro e i suoi sostenitori si rifiutano di capire nel profondo la visione del mondo che si è cristallizzata nella coscienza di un popolo conquistatore dopo quasi cinquant’anni di occupazione. L’idea, cioè che si sono due tipi di essere umani. E il fatto che uno sia assoggettato dall’altro significa, probabilmente, che per natura è anche inferiore all’altro. È, come dire, meno “umano” di chi l’ha conquistato. E questo fa sì che persone con una certa struttura mentale prendano la vita di altri esseri umani con agghiacciante facilità, anche se quell’essere umano è un bambino di solo un anno e mezzo.12

Ci sono cose che vanno oltre la poesia, cose che sfuggono, turbano, oscure, che sfogliano pagine di umane cognizione e ci trovano un cratere, un incidente, un cavallo stanco che zoppica verso casa. Ma la casa non c’è più. Ora bisognerebbe andare oltre la casa. Bisognerebbe eludere comunque la passione per la carta da parati. Dal 1948. Tutti dovremmo avere una casa distrutta, occupata e farci, magari dentro, morire i propri cari e parenti, il proprio bambino. Dal 1948. Queste cose vanno oltre la poesia, e sarò un’ipocrita amore, ma la spingo in là, verso il delirio, come un cavaliere disorientato, verso il combattimento, perché la poesia è l’unica arma che so imbracciare e dare sempre ancora qualcosa, nell’invidia della primavera e l’indiscutibile rinascita dell’albero, e perché un arabo mi ha detto di <<Scrivere per noi arabi>>, come se lo fossi, io/noi, lo straniero, un’intera nazione, ogni poesia, ogni poeta, un arabo. Certo sono arabo, nella linea di sangue, siamo arabi, ma avrei voluto dirgli che ha sbagliato indirizzo, che qui siam tutti gente che canta sempre della farfalla sul cuoricino o del sole color canarino, come mi vogliono, non mai della disgrazia, come tu mi vuoi. Avrei dovuto dirglielo, ma lui mi ha supplicato che andrebbe anche a vedere le vacche, dal 1948, per mangiare, e io ho pensato che ho una casa con tanti libri, un letto, un cesso pulito e ho capito che, davvero, siamo un nazione, un popolo, io/noi, di gente che passa e costruisce muri, cemento su cemento, e non ti aspettare mai che quei palloncini13 volino via: è solo cemento su cemento, proficua dannazione. Queste cose vanno oltre la poesia, ma io devo sempre cantare, la la la, e comunicare: Piombo fuso, Colonna di difesa, Margine Protettivo14, nella mia età evolutiva conosciuti, mi dicono: hanno fatto troppi morti, torture, rastrellato e ci siano troppi campi di concentramento dove la gente, dal 1948, si sposa, fa famiglie, fa la fame, tumula i propri genitori, si debella il passato. Mi dicono che i confini li conoscono solo i militari e quindi la pallottola può aprirti un’autostrada nella testa perché, cazzo, quello era il confine, non lo vedi? E io voglio pensare che questa sia pura invenzione, un posto finto, immaginato, raccontato per spaventarci un po’ – sempre un po’, per tirare dritto, per il comando – perché io ho una casa con tanti libri, un letto, due comodini e chi ha subìto non può far subire, quell’orrore è finito, addio, viva la pace eterna, Alleluia!

Io vedo seduta sulle rovine di corpi e calcestruzzo, una donna che fissa un punto che le cartine geografiche non considerano. È la sua terra, che una vecchia carta ingiallita definisce patria. Questa donna, ora, dal 1948, attende solo la morte. L’attende perché ogni passo può farle saltare la calotta cranica; abortire un bimbo davanti a soldati che aspettano un ordine dall’alto, sempre più alto; compiere un gesto folle tra coltelli, forbici e disperazione. <<Tu sei araba>> e calamità. È stato deciso così – contro ogni singola sillaba di quei sapidi trattati sui minori, donna, contro ogni guerra – Alleluia!

Per i figli sconvolti – Alleluia!
Per la farfalla sul cuoricino e
il sole canarino – Alleluia!
Per gli ospedali sventrati – Alleluia!
Per l’acqua corrotta,
la gente che passa,
i sordi e i muti, i muri,
per la bastarda Gerusalemme,
che tutti noi dovremmo avere una casa distrutta,
occupata e farci, magari dentro,
morire i nostri cari, parenti, il proprio bambino,
per la voce di ogni arabo persa,
per ogni uomo e donna, qualsiasi,
nel sangue comune,
scivola scivola,
identico per ogni bestia, noi,
sulla terra, troia
di nessuno, di tutti –

Alleluia!
Alleluia!

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COMMENTO DELL’AUTORE

Questa poesia nasce dopo un incontro avvenuto tra me ed un ambulante palestinese a Caulonia, nel mio paese natio, nell’estate del 2015. Il tizio palestinese voleva per forza rifilarmi una tovaglia da tavola. Come potrete immaginare, ho declinato l’offerta e lui, come potrete naturalmente immaginare, è rimasto indignato e ha deciso di regalarmela. Conosciamo tutti questo trucco. Che funzione sempre. Ma nel frangente che io prendessi i soldi, tre euro, e che lui se ne andasse felice, è successo l’inevitabile: abbiamo cominciato a parlare della nostra vita. Io scrittore, lui esiliato, che andrebbe a guardare le vacche anche per dieci euro al giorno, a tu scrittore e allora tu devi scrivere di noi, perché siamo tutti fratelli, noi non abbiamo voce, bisogna che tutti parlino di noi. Ed è andata così. Quindi: oltre a farsi i miseri tre euro della tovaglia da tavola, è riuscito anche a far nascere questa poesia (che io definisco Carme, inteso come carmina, di derivazione medievale; cioè poemi di carattere storico e guerriero). Un Carme che non avrà mai conclusione fino a quando non terminerà la lotta fratricida tra arabi ed ebreri. Ognuno di voi può avere un suo pensiero a riguardo e, sicuramente, se non condividete l’idea che la Palestina debba avere uno Stato proprio, che è stata scacciata dalle proprie terre, uccisa molta gente senza un motivo logico o religioso, sappiate che siete in torto perché tutti quanti non devono essere privati di una casa, una carta d’identità, né uccisi senza un motivo logico e di natura religiosa. La mia poesia non cerca di dare alcune spiegazioni o risposte. Alcune volte può essere provocatoria, ma il suo scopo è porre domande su domande, immagine dopo immagine.  Ho lavorato un anno per portarla a termine. Ho visto, letto e discusso con persone per cercare di essere il più preciso possibile. Non è poesia civile, come in molti sosterranno (un appellativo che io non sopporto). E’ semplicemente poesia, al massimo umanista perché parla dell’uomo e le sue azioni. Ma comunque universale. Decido di pubblicarla adesso, dopo l’annuncio del Presidente americano Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme, facendola così diventare la capitale d’Israele. Anche se non è così. Anche se porterà ad un’ennesima intifada. A morti e migliaia di feriti. C’è gente stupida in questo mondo. Bisogna sempre ricordarlo.


Note

1 Dalla Bibbia – Le ultime parole di Davide
2 Dalla Bibbia – LC 19, 37-40
3/4/5/6 Da “Così parlò Zarathustra” di F. Nietzsche (Mondadori)
7 Operazione Margine Protettivo è il nome della campagna militare iniziata l’8 luglio 2014 da Israele contro Hamas. Fa parte delle tre guerre degl’anni duemila. Le altre due sono: Piombo fuso e Colonne di Difesa (14)
8 Dalla poesia Crocefissione di Federico Garcia Lorca, dal libro “Poeta a New York”
9 Scritta ripresa da un cartello tenuto in mano da due ragazze israeliane e pubblicato sul web
10/11 Dichiarazione di alcuni sopravvissuti, incarcerati e/o torturati, negl’attacchi dei Militari israeliani nell’operazione Margine protettivo, nel processo contro Crimini di guerra tenutosi all’AIE nel 2015.
12 Testo ripreso da un articolo di David Grossman, scrittore israeliano, dopo l’incendio appiccato da un gruppo di estremisti israeliani ad una casa palestinese, nel quale è morto un bambino di pochi mesi.
13 Immagine ripresa da l’opera di Banksy sul muro che divide il territorio israeliano da quello palestinese
14 Sono le tre operazioni militari di Israele contro Hamas avvenute negl’anni duemila

(La foto di copertina è di Andrea Semplici. Le altre sono riprese dal web, da varie testate giornalistiche)